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Il Blog di Petardo Cinema, cucina, turismo, fai da te...

Cella 211 (Daniel Monzon, 2009)

petardo

 

Film del 2009 di Daniel Monzon basato sul romanzo omonimo di F.P. Gandul. Ha ottenuto 8 premi Goya nel 2010.

E` un film duro, di ambientazione carceraria; non fatevi spaventare dalla prima scena che e` la piu` impressionante (il suicidio di un detenuto) con la quale lo spettatore viene calato di schianto nel  racconto.

Siamo in Spagna, all’interno di un carcere vecchio e sovraffollato, pieno di detenuti “tosti”, con condanne pesanti.

Juan, un giovane che dovra` cominciare a lavorare l’indomani come guardia carceraria, si presenta al carcere il giorno prima, per prepararsi a cio` che lo aspetta, ma gli succede l’ inimmaginabile.

Mentre con altre guardie “visita” il carcere, gli cade in testa un cornicione e sviene: le guardie lo sdraiano nella cella 211, quella appena rimasta vuota a causa del suicidio del giorno precedente, ma, mentre escono a cercare soccorso, nel carcere scoppia una rivolta.. le guardie restano fuori, Juan si risveglia in cella. E` un ragazzo in gamba e sa che per salvarsi puo` solo fingere di essere un detenuto appena incarcerato, e gli riesce.

Il capo degli insorti e` Malamadre, duro ma molto intelligente. Inizialmente diffida di lui, ma Juan riesce a essere molto convincente e mette le sue capacita` (scolastiche, neanche molto approfondite, ma rare per l’ambiente) a disposizione degli insorti per scrivere un elenco di richieste, per la verita` piu` sensate di cio` che ci si potrebbe aspettare: regolarizzare i permessi di visita e le ore d’aria, eliminare l’isolamento assoluto a scopo punitivo (piu` un pizzico di follia: subito, gamberi freschi per tutti i detenuti!).

Comincia un lungo braccio di ferro tra i detenuti e il mondo esterno, puntellato da esitazioni dei dirigenti del carcere che temono l’ effetto “contagio”, sulle altre carceri, della notizia dell’insurrezione; per questo motivo non informano la stampa e tentano di trattare segretamente, anziche` inviare da subito le forze speciali, ma la scelta si rivela un errore.

Intanto, Juan sta diventando il braccio destro di Malamadre, ma appena gli si presenta l’occasione cerca contatti con il mondo esterno e passa informazioni agli agenti. Malamadre non sospetta, ma qualcuno dell’entourage si` e la situazione di Juan si fa sempre piu` complicata.

Come sempre, questo genere di notizia non puo` restare nascosto a lungo: quando i media vengono a conoscenza della rivolta nel carcere, la situazione si fa critica davvero. I parenti dei detenuti premono ai cancelli del carcere , e a questi si mescola la moglie di Juan, che non sa nulla della reale situazione, ma e` preoccupatissima per il marito, e incinta.

Non raccontero` altri dettagli, ma e` chiaro che in una situazione gia` violenta di per se`,  in cui un po’ tutti perdono la testa, e qualcuno ha intenzioni diverse da quelle che dichiara, la tragedia e` inevitabile.

E` un grande film, intenso e spettacolare, con personaggi ben “scolpiti” e dialoghi molto curati. Quasi teatro.

Juan Oliver (Alberto Ammann) e Malamadre (Luis Tosar) sono bravissimi, ma sono molto ben interpretati anche i personaggi minori.

I molteplici aspetti psicologici sono curati nei minimi dettagli, il carcere diventa l’emblema di qualsiasi situazione umana: la trattativa, l’attesa, le notizie segrete che trapelano, il doppio gioco non solo di Juan che sta solo cercando di salvarsi la vita, ma anche di qualcun altro (interno ed esterno) che ha scopi “suoi”. Il conflitto di potere, anche tra i detenuti: Malamadre, pur stimando Juan, teme che gli rubi la leadership, gli “alti livelli” di Malamadre si vedono scavalcati da Juan e cercano di farlo fuori, in qualche modo. Il contrasto tra i criminali comuni e i terroristi baschi, sprezzanti, sicuri di se`, autoisolati dagli altri per un atteggiamento di superiorita` che si ritorcera` contro di loro.

Juan che non sa piu` con certezza dove stia la ragione.

E il crescendo di follia e disperazione che a poco a poco finisce per avvolgere tutti.

Le scene d’insieme sono spettacolari anche nell’ambientazione: il carcere che sembra un girone dantesco, le mille mani dei reclusi che si protendono dalle sbarre, la distruzione sistematica di tutto cio` che si puo` distruggere, il fumo che sale da piccoli roghi un po’ ovunque; dentro, un senso di devastazione e al tempo stesso di calma sotto il controllo di Malamadre, fuori la repressione violenta, rabbiosa, assurda nei confronti delle folla che preme contro i cancelli del carcere per avere anche solo delle notizie.

C’e` una grande tensione emotiva in questo film, e un grande regia che non perde il ritmo neanche per un istante.

E` un film veramente molto bello, che puo` far scoprire di trovarsi, rispetto a cio` che normalmente si pensa, sul lato opposto della barricata.

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