Tutto su mia madre - (Pedro Almodovar, 1999) - Recensione
Tutto su mia madre e' un film del famoso regista spagnolo, insignito di moltissimi premi tra cui l'Oscar al miglior film straniero.
Una storia ricca e costellata di avvenimenti molti dei quali gia` da soli meriterebbero un film, ma qui si accavallano come onde.
La protagonista, Manuela, e` una donna indistruttibile che affronta la vita con semplicita`, determinazione e una grandissima capacita` di adattamento e comprensione degli altri.
Quando il adorato suo figlio diciassettenne, avuto con il trans Lola, muore per un incidente, e` sconvolta ma non si abbatte e si costruisce uno stranissimo microcosmo di amiche vecchie e nuove: Agrado, la prostituta-trans, Rosa, la suora che si scoprira` incinta, anche lei di Lola, Huma, la famosa attrice lesbica con la sua tossicodipendente compagna, le cui storie si intrecciano.
Per tutte loro sa essere vicina e indispensabile, sempre pronta ogni volta che hanno bisogno di aiuto, e costruisce una specie di comunita` affettiva, un microcosmo di donne, solidale e fortissimo davanti al dolore.
Questo film sembra quasi un tributo all' "essere" femminile, alla continuità viscerale e indistruttibile della vita; Manuela assurge a paradigma di una specie di maternità universale.
Gli uomini sono pochissimi e marginali: il padre malato di Rosa ha piu` che altro bisogno di assistenza, Agrado e` ormai una donna, Lola fa figli a sua insaputa ed e` malato, distante, autoescluso, sconfitto.
Il bambino di Rosa, invece, e` una speranza, e con questa speranza si chiude un film denso e pieno di emozioni, in cui la sofferenza si alterna all'allegria.
In un florilegio di citazioni cinematografiche e teatrali, spicca lo splendido gruppo di attrici "almodovariane", tra cui Penelope Cruz, Cecilia Roth,
Marisa Paredes, Candela Peña.
Talvolta esagerato ma forse anche per questo bello, esageratamente bello